Il vizio dei soldi

Era dai tempi di Maria Antonietta che un potente non pronunciava una frase così impopolare. E lui l’ha pronunciata proprio adesso, quando i costi del Palazzo fanno venire l’orticaria a tutti gli italiani, tranne quelli che nel Palazzo, o alle sue spalle, vivono. D’altronde, il braccio armato di Casini è da sempre molto attento alle politiche della Famiglia.
Nella sua testa, il deputato italiano non è un’ameba come certi colleghi europei che lavorano per cifre di gran lunga inferiori e la notte sono capacissimi di andare a letto amoreggiando con i dossier. Il deputato italiano è un galletto ruspante. Nessuno può pretendere che si sorbisca tre, talvolta addirittura quattro giorni di attività fuori sede, senza che i suoi ormoni comincino a urlare per lo spavento. E se, rincasando la sera dopo un'estenuante seduta alla buvette, non trova la sacra famiglia a dirottarne gli ardori verso il lieto fine, diventerà per lui inevitabile imboccare la strada del vizio, dalla quale potrà uscire in retromarcia con un ben dosato mix di avemarie e paternoster.
Eppure, a rileggerla in controluce, l'affermazione di Cesa non è poi così impopolare. Riecheggia un luogo comune diffusissimo nel nostro Paese: che i soldi costituiscano un freno al vizio. Quando il dipendente della nota ditta di occhiali viene sorpreso a rivenderli per strada a metà prezzo.
Oquello dell'azienda di telefonini ad affittare a un extracomunitario l'apparecchio che ha in dotazione per fargli chiamare casa dall'altra parte del pianeta.
O quando l'usciere di un ministero, e qualunque altro soggetto che abbia uno spicchio di potere sulle nostre vite, pretende di essere oliato per far viaggiare o deragliare una certa pratica. In tutti questi casi e in mille altri ancora, la reazione della categoria interessata è la stessa dell'onorevole Cesa: se guadagnassimo di più, potremmo permetterci il lusso di peccare di meno. Un ragionamento che avrebbe persino un suo fascino, non fosse che i grandi viziosi sono quasi sempre dei miliardari.
da La Stampa