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domenica, marzo 18, 2007

Il Dispotismo Fiscale

di Simonde de Sismondi - Non passa praticamente giorno senza che qualche rappresentante del governo non colga l’occasione per fare la solita lezioncina di onestà fiscale, sostenendo che le tasse vanno pagate e che queste sono una delle massime conquiste della civiltà umana: slogan spesso gratuiti che i vari organi di stampa e i telegiornali, durante i governi di sinistra ridotti a semplici diffusori di slogan di regime, riportano puntualmente. In questa esibizione di misticismo fiscale, si distinguono in particolare il ministro del tesoro Padoa Schioppa ed il suo collega Visco. Il primo, come già si è visto, stende ridicoli editoriali in cui, all’interno di sommarie e approssimative analisi storico economiche, sostiene che le tasse sono una delle più alte e gloriose scoperte del genio umano; l’altro invece si produce in ripetitivi sermoni che variamente propina in ogni possile occasione pubblica o magari trasmette direttamente alle agenzie di stampa a mo’ di pensiero o meditazione edificante, evidentemente per mantenere vivo il fervore e l’afflato fiscale dei contribuenti. Giorni fa, ad esempio, ha dichiarato che “Il prelievo delle imposte, come l'attività' giurisdizionale, sono compiti che possono avere un impatto molto invasivo nei confronti delle persone e che dunque vanno svolti con equilibrio e prudenza. Nello stesso tempo, però, va anche sottolineato che essi vanno esercitati nella consapevolezza che il rispetto della legalità e' alla base del patto sociale e della convivenza civile nei sistemi democratici “..e che “Le leggi vanno rispettate e ahimè le tasse vanno pagate”.

Ciò che curiosamente caratterizza queste dichiarazioni oltre alla demagogia gratuita con cui si affronta una questione così delicata e complessa è lo strano concetto di legalità che il ministro dimostra di avere: infatti, secondo la sua personale filosofia dell’oppressione fiscale, il cittadino è obbligato sempre e comunque a pagare le tasse, mentre lo stato non è egualmente obbligato ad osservare alcun limite alla sua attività impositiva. Esso è stranamente libero di imporre ogni tipo di tassa nella quantità e qualità desiderata. Si tratta a tutta evidenza di un principio puramente dispotico, che concepisce il rapporto tra stato e cittadino in maniera simile a quello esistente tra padrone e servo: come un antico schiavo o un servo della gleba, il cittadino deve devolvere il suo reddito al proprio padrone e soltanto a questo, alla sua umanità e sua bontà o alla sua volontà di ricompensare i servigi ottenuti spetta stabilire quali e quanti beni debbano restare nella disponibilità del primo. Nel caso del governo dell’Ulivo-Unione i criteri che determinano tale ripartizione sono ideologismi declinati in forma pseudo-valoriale quali la solidarietà, la giustizia sociale o vaghe esigenze assistenziali, o simulate emergenze di contabilità europea ma la sostanza fondamentalmente non cambia: la disponibilità del proprio reddito e dei propri beni non sono disciplinati da norme precise e durevoli nel tempo e che quindi consentano ai cittadini di agire liberamente prevedendo le possibili conseguenze delle loro decisioni, ma sono in balia di accordi, trattative e decisioni verticistiche di ristrette nomenklature politico-sindacali, che detenendo in toto il controllo dello stato e degli apparati propagandistici, la cosiddetta stampa libera, possono stravolgere e adattare ai propri interessi ogni forma di legalità. E le reiterate dichiarazioni che il Visco e il Padoa Schioppa rilasciano ormai quotidianamente, secondo cui l’eventuale riduzione delle tasse dipenderà soltanto dalla conseguente riduzione dell’evasione fiscale e dal buon andamento delle entrate non fanno altro che confermare questa realtà: la politica economica e fiscale del governo non solo ignora totalmente fondamentali diritti di proprietà e di libera disponibilità dei redditi da parte degli individui, ma addirittura si pone come obiettivo fondamentale la loro crescente riduzione se non addirittura la loro eliminazione. Si tratta, come si vede, a tutti gli effetti di una grave minaccia al fondamentale valore della libertà personale. Se, infatti, non sono gli individui a decidere liberamente cosa fare dei propri redditi ma tale diritto spetta solo ed esclusivamente allo stato, ne deriva che questo sia l’unico portatore di valori: cacciato dalla porta, lo stato etico rientra dalla finestra, come sempre ammantato di ideologismi pseudo-civici, quali il conformismo fiscale, o valori pseudo-democratici quali la solidarietà, il bene comune o di afflati variamente protettivi.. In realtà, l’unico valore che questa politica promuove, è la semplice obbedienza dispotica allo stato, che di per sé può realizzarsi soltanto attraverso lo svuotamento e l’eliminazione di ogni altro valore morale.

Quasi ogni giorno ci si lamenta del progressivo venire meno di valori fondamentali quali la responsabilità personale e il rispetto degli altri a favore di uno stile di vita concepito come semplice espressione dei propri desideri e delle proprie pulsioni. Tuttavia, sono in realtà rare le analisi che mettono in relazione questo fenomeno con la progressiva invadenza da parte dello stato della sfera decisionale degli individui. Una società che demonizza e limita fortemente l’autonomia e la libertà individuale, di cui quella economica è componente fondamentale, non può certamente aspettarsi comportamenti responsabili da parte dei suoi membri.

Ma ciò che accade in Italia è indubbiamente nulla se paragonato alle politiche “progressiste” che si affermerebbero in Francia, qualora nelle elezioni presidenziali prevalesse Segolène Royal, l’ennesimo candidato “anima bella” scelto come paravento per coprire le rughe di una sinistra ormai incartapecorita e sclerotizzata, e il suo ministro Strauss-Kahn. Infatti, qui oltre alla consueta “tassolatria” e alla demonizzazione del profitto che, come da noi le “rendite”, “è “rapace, puzzolente e arrogante” salvo poi magicamente depurarsi e trasformarsi in essenza inodore o profumata se trasformato in tasse, si è escogitato la geniale proposta di tassare i cittadini francesi residenti all’estero. Anche in questo caso, si afferma fondamentalmente il principio secondo cui gli individui non sono esseri autonomi e indipendenti, ma proprietà dello stato-tribù e che in nessun modo essi possono sottrarsi al suo dominio e ai suoi soprusi.

Messa di fronte all’ormai ineludibile problema della sua sostenibilità economica, provocato esternamente dalla globalizzazione economica, che ha ridotto drasticamente il vantaggio competitivo dei singoli sistemi paese, e internamente dal progressivo invecchiamento della popolazione, che si ripercuote rispettivamente sul sistema sanitario e quello previdenziale, l’ideologia del primato del pubblico rivela la sua autentica natura dispotica ed autoritaria. Ma pur di non rinunciare ai suoi miti ideologici e di non fare i conti con la realtà, preferisce asservire e schiavizzare gli individui, riducendo progressivamente la loro autonoma sfera decisionale, nonché le loro disponibilità economiche. Tuttavia, è facile pensare che questi provvedimenti non faranno altro che accelerare la crisi dello stato assistenziale: se realizzati, essi avranno lo stesso effetto dell’assunzione di una maggiore quantità di vino in un alcolizzato: invece di guarire, la malattia si aggraverà provocando la morte dell’intero organismo.

da www.legnostorto.com