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mercoledì, agosto 09, 2006

La bacchetta magica non ha funzionato

di Gianni Riotta - Se qualche lettore si ostina a capire la guerra in Libano senza tifare rauco, eccone le verità nascoste. Tanti reclamavano l'intervento urgente dell'Onu, americani pro Israele e francesi pro Libano mettono a punto, a fatica, una risoluzione, ma la bacchetta magica fa cilecca. Da Beirut il premier Fouad Siniora, sostenuto dalla Lega araba, dice di no, offeso dalla richiesta di ritiro e disarmo per Hezbollah, con Israele autorizzata a restare nel Libano meridionale fino al dispiegamento delle forze di pace. Siniora elogia «la leggendaria resistenza di Hezbollah» contro Israele, dichiarando però che d'ora in avanti «sarà l'esercito libanese a portare le armi». Tradotto dal Mediorientese vuol dire, «Hezbollah incassa la vittoria morale contro Gerusalemme, ma fermati prima che il Paese sia distrutto». Il ministro degli esteri francese Philippe Douste- Blazy (senza offesa, ma la diplomazia di Parigi non sarebbe più ascoltata nell'era di Google se i ministri non avessero sempre nomi da Corte del Re Sole, Douste- Blazy, Galozeau de Villepin, che fine ha fatto la Republique di Saint Just?) è ottimista che i rivali diranno di sì, il premier inglese Tony Blair pronostica invece una seconda risoluzione Onu, per avere in parallelo la ritirata di Israele e il dispiegamento delle forze di pace.

Secondo la rivista «Foreign Policy» ne faranno parte, Egitto e Turchia musulmani, con Francia — «Abbiamo sempre fatto il nostro dovere in Libano» dice sussiegoso a Le Monde il presidente Chirac, trascurando di menzionare gli esiti, non felicissimi di quei doveri —, Germania e Italia. I tedeschi dovranno puntare le armi anche sugli israeliani e soffrono l'handicap psicologico. Per gli italiani soffro io, immagino che i partiti che ci han fatto ritirare dall' Iraq e vorrebbero abbandonare Kabul saranno stavolta per il sì, in odio a Gerusalemme e persuasi di proteggere i poveri libanesi, che piangono settecento morti. Ma quando Hezbollah proverà a forzare i posti di blocco Onu (dico «quando», non «se»), che faranno i nostri? Resistere li esporrà alla carneficina che ha visto centinaia di morti americani e francesi a Beirut 1983. Sono perché l'Italia si impegni, cosciente di andare al fronte, ma detesto l'ipocrisia di chi considera la missione afgana «guerra» e quella libanese «pace» (parlo di lei, dottor Strada).

La tana di vipere che Hezbollah ha aperto con astuzia, rapendo il 12 luglio due riservisti israeliani e uccidendone otto, spargerà a lungo veleni. Mahmoud Ali Suleimani, uno dei miliziani del Partito di Dio che ha preso parte al raid, ha confessato dopo la cattura di essere stato addestrato in Iran, con transito in Siria. Teheran e Damasco sono il capolinea della guerra. La Siria dice — tramite l'ambasciatore all'Onu Imad Moustapha — se Bush ci chiama diamo una mano. Bush non telefona al giovane Bashar al Assad, oftalmologo di corta vista strategica, malgrado gli inviti del New York Times. L'Iran usa Hezbollah come schermo e lavora al suo nucleare. Peter Bouckaert, dell'associazione umanitaria Human Rights Watch, conclude sconsolato «Tutti si vantano di aver ragione e ignorano i propri abusi e violenze».

La pace che auspicano le persone di buona volontà ha bisogno di un accordo tra Israele e Palestina, un'intesa tra Usa ed Europa per governare le crisi, un segretario nuovo alle Nazioni Unite, un negoziato a brutto muso, bastone duro e carota saporita, con la Siria, un contenimento dell' Iran populista di Ahmadinejad e un piano per l'Iraq, dopo le follie di Rumsfeld. Fino ad allora il sospirato cessate il fuoco sarà come il fresco maestrale di agosto, un annunzio di inverno gelato.

da Corriere della Sera, 09 agosto 2006